[i]Enrichetta, dal terratsu
Einrietta, che è il “pane secco”(Dauzat, Arg.mét.)
[questa evocazione onomastica con tutto il suo bagliore illumina la scena nel capitolo 3 del romanzo -in cui c’è lei che si era chinata in avanti improvvisamente per tagliare con i denti il filo, con cui cuciva una camicetta, ed era bastato questo rapido gesto del suo corpo e dei denti perché nell’angolo divampasse e s’infiammasse l’altro ragazzo sotteso e connesso al fatto che il romanziere rilevi che Federico, l’amico adulto, giocasse con le palline di pane- quando ormai Enrichetta, il pane secco, era semiaddormentata con le braccia annoiate…(cfr. pag. 45 della 2a edizione italiana)], all’assonanza con cui si avvicina a una ricchezza indefinita, ancora “secca”, appunto, una ricchezza stretta, contenuta, un qualcosa che arricchisce è questo donarsi per il godimento degli adulti; anche in spagnolo, per via della lunga permanenza in Argentina di Witold Gombrowicz (non si dimentichi che “Pornografia” è del 1960 e che, come ricorda l’autore stesso, “fino al 1957 ero quasi sconosciuto, un emigrato stabilitosi in Argentina”),
Enriqueta involve l’ “enriquecer” dell’”arricchire” ma anche l’”enriscado”, l’ ”enrocar” dell’”erto”, lo “scosceso”, l’”arroccare”, se non l’”enrojecer” dell’”arrossare”, “tingere di rosso”, e dell’”arrossire”. Ma va da sé che
rica è anche “squisita”,”eccellente”, “deliziosa”, e ha in sé l’”incanto”, l’”amore” di
ricura; come termine figurativo familiare, “rica” è “carina”, “graziosa”, “bella”: Enriqueta: qué niña tan rica! Che ragazza carina! Una “fichetta”, insomma: una pija. D’altro canto, l’
Enriqueta di assonanza spagnola ha questa bellezza dentro que es queda, “quieta”,”sottovoce”,
qualcosa inferiore al valore, appunto(come scrive nel Diario del 1955 Gombrowicz: ”La giovinezza m’era apparsa come il valore più alto della vita…questo ‘valore’ si distingueva però per un tratto caratteristico davvero diabolico: si trattava della giovinezza, quindi di qualche cosa di inferiore al valore”), ma que queda, cioè “resta”,”rimane”
[che è un po’ come la intende Jean Baudrillard:”La vera immobilità non è quella di un corpo statico, è quella di un peso all’apice del suo pendolarismo, le cui oscillazioni si sono appena fermate e che ancora impercettibilmente vibra. E’ quella del tempo nell’istante- quella dell’ “istantaneità” fotografica dietro cui circola sempre l’idea del movimento, ma solo l’idea- in cui l’immagine è l’attestazione presente del movimento senza mai farlo vedere, ciò che ne toglie l’illusione. E’ di questa immobilità che le cose sognano, è di questa immobilità che sogniamo. E’ su di essa che si attarda sempre di più il cinema, nella sua nostalgia del rallentatore e del fermo immagine come apice della drammaticità” e non specificava un po’ sopra che “E’ raro che un testo si offra con la stessa evidenza, la stessa istantaneità, la stessa magia di un’ombra, di una luce, di una materia”? Concludendo che “Tuttavia in Nabokov o Gombrowicz, per esempio, la scrittura ritrova talvolta qualcosa dell’autonomia materiale, oggettiva, delle cose senza qualità, del potere erotico e del disordine soprannaturale di un mondo nullo”: J. B., Perché l’illusione non si oppone alla realtà, in Id., Patafisica e arte del vedere, trad.it. Giunti, Firenze 2006, pagg. 93-94], è”, “si trova”, “sta “,” piano”, “sommessa”, Enriqueta vi dà anche appuntamento, “queda con los adultos a las cinco”, Enriqueta, è questo, è la fichetta che sta ferma, ha fermato l’immagine, nega il reale, inventa un’altra scena, impone la sua discontinuità, il suo frazionamento, la sua istantaneità artificiale, sparisce meglio por vosotros. He show up for you people adults; ella parece por vosotros adultos: “Yo me hago ver entre vosotros adultos”, questo è il gioco spagnolo che corrisponde a “I show up for you people adults”, sarebbe il “Vedetemi tra voi” con cui Enriqueta jugarìa en Argentina: bien mirado, un juego de niños! Ma si noti bene che nella versione spagnola( che ha per titolo
La seducción, Editorial Seix Barral, Barcelona 1968) non c’è
Enriqueta ma l’effettivo nome polacco
Henia, e il diminutivo
Heniusia, (Heniutka, Henjeczka), che come pure tutti gli altri nomi sono stati usati nella forma originale, cioè polacca. E’ evidente come l’
H di
Henia sia speculare alla
H di
Hip, rendendo vieppiù manifeste le implicite connessioni con la razza Wielkopolski.
Henia, o
Heniusia, trova così maggiore adesione con
Harriet Moudron, di cui alle note 3, 4 e 6.
Sempre nell’ambito dell’assonanza, Enrichetta si connette al nome della protagonista del favolello più antico(secolo XII) che ha lasciato al francese antico il nome Richeut a significare “cortigiana”, “mediatrice”(cfr. Bruno Migliorini, Dal nome proprio al nome comune, casa editrice Olschki , Firenze-Roma-Ginevra 1927: pag. 167); né, pertanto, sarà azzardato connettere la nostra protagonista alla Rigolette, “ragazza leggera”, dei Mistères de Paris di Sue(1842). La leggerezza briccona di Enrichetta è questo il suo tratto polacco che seduce lo scrittore ed eccita la sua libido; questa “bricconeria polacca” è sottesa, se proprio vogliamo addentrarci nella strettezza della gola di Grocholice, dal termine spagnolo polaca, che ha un uso dispregiativo per come faccia alludere alla particolarità negativa, a una certa singolarità maledetta, di “catalana”. E questa “polacchina”,con la sua singolarità così stretta, questa non-pienezza che la rende inferiore al valore, con le sue scarpe, con cui schiaccia il verme insieme al ragazzo prescelto -inconsapevolmente da lei ma consapevolmente disposto nel circuito della sessualità e dell’alleanza teso dallo scrittore e dal suo amico Federico- o con il piede nudo sul piede di lui, non fa che calzare un dispositivo di sessualità il cui semivalore connette diabolicamente alla sua stretta leggerezza la rigidità disposta non dall’Adulto ma dal Genitore. Un rinnovamento dell’erotismo polacco, che passa con le scarpe, i piedi, le gambe di Enrichetta, questo passo stretto e felino che taglia corto col sentimento, o almeno lo meccanizza, ne fa l’incanto, la “ricura” di Riqueta, che va, sale le scale, con la sua immobilità vibrante, media il decreto di morte e condensa il suo potere erotico facendo sognare –fantasmare- la forma segreta della sua assenza, la non-pienezza del suo esserci, l’incanto iconico della sua strettezza immobilizzata nell’istantaneità artificiale del suo eterno semivalore dell’età introduttiva, la giovinezza.
Sotto il nome di Enrichetta corre l’ipogramma[ma sotto il nome di Henia corre l’ hippogramma, visto che è figlia di Hipolit?], di cui abbiamo svelato alcune marche, che fa riproporre l’istantaneità artificiale della ragazza mediante l’analemma esponenziale: il suo residuo insolubile, che le permette di farsi fantasma perenne, ha sterminato il valore e si è diffranto attraverso il tempo e il geografico, l’economico e il sociale. L’economia libidica, che è nel ciclo della letteralità perché va dalla reversibilità alla disseminazione, declina il suo nome, che, attraverso il suo valore pieno e fallico – o meglio: il suo semivalore non-pieno e uretrale – si diffrange nel romance temporale con una modalità siderale, che, con la propria convertibilità istantanea, ha un ritmo in cui si leva e tramonta come un sole artificiale. Come nel poema che rimanda a qualcosa, e sempre a nulla, al termine nullo, significato zero, c’è la vertigine della risoluzione perfetta, che lascia il posto del significato, del referente e che costituisce l’intensità del poetico: nel détour di questo romanzo, in cui l’ipogramma temporale, il Bonheur o il nome di Dio o di Enrichetta o di Heniukta, pur non conoscendolo, esplode poi nella Lebenswelt e che quando avviene è bene non gridarlo, né denotarne la singolarità, ‘ché l’invocazione letterale del nome, come di Dio e del Bonheur, è pericolosa, per le potenze nocive ch’essa scatena: l’incantesimo velato, questa compitazione rigorosa del Bonheur, ma deviata, “perché il significante vale come assenza, come dispersione e uccisione del significato”[Jean Baudrillard, La sterminazione del nome di Dio, capitolo sesto di: Lo scambio simbolico e la morte(1976), trad. it. Feltrinelli, Milano 1990: pag. 223] :il nome del Bonheur vi appare nell’eclisse medesima della sua distruzione, nel modo sacrificale, sterminato nel senso letterale del termine. Non va sottaciuto il fatto che Enrichetta, essendo festeggiata il 15 giugno, abbia una relazione speculare con l’autore del romanzo in quanto Witold, che, non casuale perciò, viene festeggiato anch’egli il 15 giugno: questa modalità operativa dell’ipogramma sembra che sottentri anche nell’analemma esponenziale in ragione della Lebenswelt: dal diminutivo tedesco di Heinrich, che è Heinz, deriva Enzo, che da noi viene ormai usato a sé, anche come abbreviativo di Lorenzo, Vincenzo, che, appunto, è il nome del poeta [Val la pena qui sottolineare che per la Chiesa il nome Ippolito, che è il padre di Enrichetta,vedi più avanti, sia quello di un ufficiale romano martirizzato con San Lorenzo?]. D’altronde, il semivalore della giovinezza è fatto per alimentare fantasmi narcisistici e un po’ fallici, per questo gli oggetti d’amore con questa longilineità un po’ amorfa-attiva
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·[La fallicità longilinea un po’ amorfa di Enrichetta è speculare al fantasma narcisistico e fallico dello scrittore e del poeta]· |
e “normanna” giocano con il Bambino degli adulti, scrittore, amico e poeta.
Più che “normanna”, Enrichetta o Heniusia antropomorfizza una parte della razza nordica di Deniker, o slava di Penck che è la kirmica di Broca, dolicocefalo biondo col naso prominente, e una parte della razza vistoliana, che è più mesocefalica, realizzando una sorta di longitipo microsplancnico, o leptosomico, nella immobilità del suo stato di semivalore, come dice Gombrowicz, che, oltre che la testa allungata e il naso prominente, ha gambe steniche e natiche dalla primarietà emotivamente verticale del tipo mesomorfo vistoliano: così com’è nella foto di Jan Saudek, che fa da cover, e che fa pensare – anche per il fatto che la Polonia è sempre la prima nazione in Europa per numero di capi equini allevati e anche per il fatto che il genitore della ragazza, l’amico proprietario terriero che invita lo scrittore e Federico a casa sua nella provincia di Sandomierz, si chiami Ippo, ossia Ippolito , che è “colui che scioglie le briglie ai cavalli”, nome che nasce con il mitico Ippolito che è , guarda te, il protagonista della tragedia greca in cui vige quello che con Berne potremmo chiamare “il gioco di Fedra”, cioè una variante di terzo grado del “Rapo” – alla magnifica conformazione della razza Wielkopolski (il collo lungo e i quarti posteriori ben muscolati e tesi, le zampe forti, quasi atletiche) che mescola almeno 4 razze ascendenti, tra cui la Mazuren, che vantava ascendenti Trakehener, il prussiano orientale, la migliore razza germanica che procurò stalloni per le Scuderie Reali dal 1732, da Federico I di Prussia , in poi e che è un bel cavallo dinamico, dal temperamento calmo e docile, con una eccellente conformazione da ogni punto di vista. Ma chi può dire che nello spirito di questa puledra polacca non prevalga invece l’ascendenza Hannover, particolarmente adatta al dressage e ai concorsi di salto a ostacoli? Insomma, si va da “Federico”, che entra con il Trakehener ed è il nome dell’Adulto che dispone la connessione tra dispositivo di sessualità e dispositivo di alleanza con il giovane stallone coetaneo(compagno di scuderia, stavamo per scrivere), al “dressage”, che entra con l’Hannover: questa domatura della cavallina polacca che va addestrata al dressage, a questa completa obbedienza in modo che possa rispondere agli ordini del cavaliere – lo scrittore o Federico – eseguendo con perfezione ed eleganza figure e movimenti diversi. Insomma, la puledra Wielkopolski di ascendenza Trakehener e Hannover, che fa dresser, “rizzare”, “tenere eretto”, che è una delle tre norme principali che si devono seguire quando si è a cavallo: mantenersi calmi, andare e guardare diritto e, appunto, tenersi eretti. Per quanto attiene Ippo, l’altro adulto del romanzo che disponendo del decreto di morte complica la situazione iniziale dello stesso, e, correlativamente, alla tragedia greca, cfr. Alessandro Gaudio, Euripide, Seneca, Racine, d’Annunzio:quattro modi di ostendere l’anti-camera. Analisi semantico-linguistica dell’idioletto prossemico di Fedra, © 1996, in cui, tra le altre analisi, con la morfologia di Souriau si verifica che il destinatore è impersonato sia da Afrodite che da Artemide, come nel caso di Pornografia, il cui il destinatore -che è sia lo scrittore che Federico- fa degli stessi personaggi gli ottenitori virtuali del Bene, che sono anche l ‘arbitro della situazione(=Bilancia), l’Aiutante(=Luna, che è di volta in volta sia Federico che Gombrowicz). Insieme al Sole, che è il rappresentante del Bene o Valore, o in questo caso: semivalore,(=Giovinezza), che è Enrichetta, che è anche il Leone, la “forza tematica”, che, sia come persona fisica che come depositaria della forza generatrice di tutta la tensione drammatica presente, è la vera protagonista. Il fatto che nel romanzo originale il nome della ragazza sia Henia, che sarebbe “Ennia” e che per questo è speculare al maschile “Enea”, dal greco Aineas, farebbe includere connessioni con il “punctum ainico” e il “bagliore didonico” di cui riferiamo in Aurélia Steiner de Tunis? Questa correlazione con “Enea” è verificabile anche dal fatto che “Ennia” sia nato come nome dalla distorsione latina del vocabolo ebraico che ha dato origine ad “Anna”: e la mitica Anna, la sorella di Didone, non era forse innamorata di Enea? Per questa ragione Henia andrebbe festeggiata come Anna il 26 luglio, che, come grado solare, è esattamente quello dell’Ascendente del Poeta? O va ricordato che, al tempo di Ovidio, Anna fu confusa con la dea Anna Perenna , e che, con questa allitterazione da fantasma perenne , è davvero lecito festeggiarla all’inizio della primavera con giochi e allegri banchetti, vera divinità della giovinezza? Il fatto che Henia rinvii agli “Heniochi”, connessi all’antica popolazione dei Sàrmati che abitavano ad est del Volga e della Vistola e che successivamente emigrarono verso occidente fino a raggiungere i confini dell’impero romano, addiziona ulteriormente la caratura Wielkopolski della nostra giovane puledra, visto che “Heniochus” non è altro che l’ Auriga, la costellazione del Cocchiere. A questo punto, la connessione con Harriet Moudron, di cui si è riferito alle note 3, 4 e 6, e che è la “cocchiera invischiata” dalla cadenza a percussione modronica, è ancor più Heimlich: dall’”ano-mudra”, l’anello gotico, resistente ed elastico di Harriet Moudron, all’ ano-heniochia, l’anello-auriga, il vistoliano buco per cavalcare nella pianura della giovinezza! Inutile aggiungere che il segno celtico[Henia è di origine celtica e significa “destinata”] del “Cocchiere-Vischio” del dio del sole Belenos e della sua quadriga d’oro comprende lo spazio temporale che va dal 6 al 15 giugno, che ancora una volta rinvia al “Belenos” autore del romanzo, visto che è il giorno del suo onomastico.