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L'anima integrale del Bonheurista □

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L’anima integrale e l’unità di misura    ¨

Il paradigma numerale chambérien non è come il numero fourierista, che non è arrotondato e che, da ciò, fa il suo delirio e la sua arbitrarietà.
L’unità di misura, nel determinismo numerale, non ha, non deve avere, la giustificazione pomposa di Fourier.
Ma ha la giustezza naturale e per questo non-ingrandimentoè esaltante, più che un operatore di gloria è un demoltiplicatore fantasmaticoche permette combinazioni e progressioni geometriche.
L’espansione e la classificazione, da un lato; il numero e la classificazione, dall’altro, il flâneur o il bonheuristaè così che, tassonomizzando l’oggetto, fa come Fourier, lo “sodomizza”.
Sodomizza, cioè, la sua leggibilità, il particolare che innalza, la minuzia che dà la gioia.
Perché la leggibilità di un corpo è immediatamente numerale, tanto che dai particolari fantasmati il numero mira ad afferrare delle medie, non delle probabilità, altrimenti il fantasma sarebbe reprimibile, cancellabile, progetta una statistica del desiderio e del bonheur.
Al numero attengono le “carezze di percorso” o le ricognizioni territoriali che, su un corpo, sono commutate in ricognizioni sensoriali, che il bonheurista attua con quelli che potremmo chiamare i “baccanali delle sfumature”.
La sfumatura, fatta di numero e di classificazione, “ha per campo totale l’anima integrale, spazio umano definito dalla sua ampiezza”[1], che, per raggiungere la sufficienza in un quadro fantasmatico, ha bisogno di altre sfumature, altri numeri e altre classificazioni.
All’anima integrale del bonheurista occorrono le sfumature infinitesimali di passione, non certo i 1620 caratteri dei due sessi di cui alla prescrizione di Fourier, ma, vuoi per l’omonimia, vuoi per il gemellaggio territoriale, vuoi per altri spostamenti metonimici e vuoi per altre condensazioni di particolari, la somma, la cui giustezza, leggibile di traverso al significante e leggibile nel senso della sua lunghezza per il significato, è immediatamente enumerabile, oppure immediatamente si enumera dal quadro della scena, della posa, della situazione, che, appunto, costituirà il quadro fantasmatico, l’anima integraledel Bonheur.
L’ unità di misura, che potrà fare di un oggetto un “fantasma irreprimibile”, è quella di Silvia Crocetti, che, nel kairos di quel 19 giugno, all’ombra della Mole Antonelliana, è esattamente la demoltiplicazione dell’altezza della Mole per 1000, ma, attenzione, solo se riguarderà un oggetto “omonimo” in altro luogo sabaudo, cioè Silvie Crozet a Chambéry, che,ormai, lo sappiamo, è, appunto, alta 167 centimetri, 1 pollice in meno che a Torino dov’è Silvia Crocetti, in ragione della longitudine, vista la differenza di 7 minuti, o in ragione delle 70 campane, che se si fanno specchio sonoro del “+70 della torinese Silvia Crocetti,per farsi punctum, cioè “coup de pouce”, della chambérienne Silvie Crozet, questa dovrà essere alta 1 pollicein meno, cioè specchio visivo della Mole torinese.
“L’anima integrale, arazzo in cui si enuncia ogni sfumatura, è la grande frase cantata dall’universo”[2]: il particolare di un oggetto, un oggetto, una sfumatura di una tipologia, una tipologia sono solo una parola.
La statura di Silvia Crocetti, 5 piedi e 7 pollici, rinvia, per questo metro e settanta, alle 70 cloches del Grand Carillon; il suo indice del pondus( che è di grado alto) al grado 17.30 rinvia all’ora del concerto del samedi al vespro; l’omonima Silvie Crozet, specchio numerale di Silvia Crocetti, si fa metonimia territoriale della Mole di Torino, che riguarda Silvia Crocetti, che,rapportando i centimetri della sua altezza 170 ai 167 metri della Mole, demoltiplica l’espansione togliendo 1 solo pollice.
Ecco qui una di quelle metonimie audaci che fanno l’ incanto di Fourier: ecco la Mole Antonelliana mescolata alla statura dell’oggetto fantasmato.

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© Roy Stuart 2000 
V.S.GAUDIO
Le Bonheur Chambérien
 © 2004



[1] Roland Barthes, Fourier, in : Idem, Sade, Fourier, Loyola, trad.it. Einaudi, Torino 1997:pag.94.
[2]Ibidem:pag.95.

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