La poesia al grado zero dell’asimmetria adorabile.
!V.S. Gaudio
!V.S. Gaudio
- L’enorme mondo del sovradire
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Silvia Comoglio BUBO BUBO L'arcolaio Forlì 2010 quarta di copertina |
Si può dire che il verso dia in risposta alla strofa dei colpi di senso tra sostantivi-archetipi e schemi verbali proairetici sì ma ben calati nella struttura mistica, il verso di Silvia Comoglio. non è lo stesso verso di Roberto Precerutti (Rossi), cavolo: non ha nemmeno lo stesso genere: quello calava l’esca del vagare; la poetessa, più che alla padronanza del senso bada a rendere lo stesso senso seducente: è come se gli artifici del significante, con tutto quell’insieme infinito che possono correlare, fossero ormai definitivamente accantonati.
La frase ermeneutica, che è sempre inattuale e quindi è sempre meno intelligibile, ha, in genere, la deprivazione temporale a carico dell’iconicità; in Silvia Comoglio per quanto ci sia una dislocazione temporale, l’iconicità tocca da presso, o sfiora, la sensorialità del contenuto, non si tratta più della forma seducente e quindi non è necessaria la contrazione tra figure di espressione e figure di pensiero e nemmeno di andare a fare rilevamenti sul tasso di complessità e di polisemia: va da sé, è presto detto: il suo procedimento retorico, tra aspetto e connotazione, niente, non è costituito dall’equivoco.
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Silvia Comoglio BUBO BUBO L'arcolaio Forlì 2010 Collana Il laboratorio a cura di Stefano Guglielmin |
Prendiamo degli schemi verbali, come questi: lo spalancarsi, il sovradire, anche l’umana gioia del vento è uno schema verbale soffiato tra sostantivo ed epiteto, mettiamoci l’istante dell’etica, bellí-ssima la pioggia, a margine alta sulla lunasul lato lungo, Silvia Comoglio ha certe verticalizzazioni dei sostantivi archetipi, che dentro la continuità a carattere cinetico, o negli strusci sinestesici, tra tatto e udito, udito e vista, cavolo: cosa fa entrare nell’orecchio, la bella forma che è il fuoco, che erompe dalle misteriose profondità e illuminando la montagna la rende leggiadra? L’avvenenza, questa era quella del segno Ppi dell’I Ching, che, analizzando lo stile con gli indicatori globali di Abraham Moles, veniva a formalizzarsi per lo stile di coordinatore di frequenze di quel poeta torinese sunnominato; in Silvia Comoglio è come se il ritmo dell’avvenenza fosse connesso all’ asse paradigmatico, sembra un paradosso, ma è per via delle figure ripetitive che, a bacchetta con l’asse sintagmatico, fanno esercizi da trapezio anche poco spettacolari; a bacchetta con l’asse paradigmatico, sospendono la semantica due volte come se fosse il trapezio del contenuto, che, per questo, bilancia e dà peso al senso con la sensualità del proprio step-style.
E’ giostra solo spinta, o questa luce – è enorme mondo, dai ma in che bioritmo è quando scrive? Questa tiene misurato l’archetipo-epiteto, poi è l’autrice di Bubo bubo che mi ricorda il mio bubo bubo, che forseera nella temporalità dell’ombelico, avevo poco più di vent’anni, d’accordo, ma: dove potrà condurre la sensorialità di chi legge,c’è un dislocarsi dell’anima, o l’animus suo, certo, e io che leggoperché mi sospinge così da presso il mio oggetto “a”fino a che, davvero, avrò che sorpresa nel concupire chi o che cosa, se non la cosa in sé?
Io trovo riduttivo, quando si costringe lo stile di un poeta, e in questo caso in maggior misura per un poeta così seducente come Silvia Comoglio con questo step-style che sembra che vada di bolina stretta, tanto è ripidoed è di bolina larga, quando c’è il tempo dell’orso che sapevo amarti dentro il cielo,trovo riduttivo specchiarlo in un altro poeta, ma questo assetto sensorialemi ricorda un po’ quello del mio amico Camillo Pennati[i] : “la linearità sintagmatica finisce(…)con il contraddirsi all’ interno del suo stesso incedere simultaneo: di rimbalzo, l’immagine rincorre la propria trasparenza, di continuo si denuda della sua riflessione, che la intensifica e la coniuga”[ii]; e in più, forse per via dell’allargarsi o dell’umana gioia del vento, che le allungai tempi del paradigma, la pausa dell’animus, il suo(la sua anima) è l’animus,cavolo che spettacolo l’ animus di una poetessa della terza decade di luglioche è la più solare e la più spettacolare, e ha l’occhio del silenzio, che, vai a vedere, ha proprio questo temperamento tattile[iii], a meno che, tolto il passato, facciamo che sia quel benedetto tu che, con l’occhio del desiderio, ha sempre un rapporto asimmetrico rispetto all’ orizzonte dell’io che scrive: se l’io si sposta, quello, il tu, condensa; se l’io condensa, il tu si sposta, Lacan può arrivare a dire che si era già spostato e si era ficcato nell’ orecchio dell’io che scrive. La poesia, tra la metonimia dell’io e la metafora del tu, fa il trapezio al paradigma; cambia schema verbale e giù a capo fitto dentro le strutture mistiche, notturne, tocca, la sposta, ci si rompe il capo contro, la metonimia del tu, ma, per entrargli nell’ orecchio, l’io che scrive non lo fa con la metafora. E’ l’asimmetriaadorabile, l’esercizio che altera il grado zero della distanza che è la latitudine del sintagma sopra e del paradigma sotto, lo stesso scarto all’ interno della misura convenzionale di versificazione, in questo stile degli spostamenti tattili e delle condensazioni visive, è inutile girarci attorno, è sempre nell’ orbita dello zero. L’occhio del desiderio e il trapezio dell’espressione è ciò che entra nell’ orecchio del tu. Speculare all’ orecchio del desiderio e al trapezio del contenuto che è ciò che entra nell’ occhio dell’io.
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Silvia Comoglio scacciamosche (nugae) puntoacapo editrice alessandria 2017 |
Come nell’ inespugnabile intimità di Rosita Copioli[iv], e dentro il presente come se nell’ esperienza sensoriale qualcosa mi accade, immediatamente il che cosa che è lì mi si dà come se fosse un Altro che ostinatamente cerca davvero di essere esperito completamente? D’accordo, anche in Silvia Comoglio la pluralità dei sensi è prevalentemente visiva, come se le immagini accadessero, ma quest’Altro, che è un mondo che si mostra mai però completo, ha un’attualità degli accadimenti, come dire?, a persistenza alternata; certo, ha una durata, quindi come se fosse non solo udibile ma addirittura suonato, ma il fatto è che è visibile: perciò la poetessa piemontese suona con la dominante, se non Copulativa, di Posizione che afferisce alla struttura Sintetica dell’immaginario, secondo Gilbert Durand. D’altra parte, nello spostamento temporale, l’Altro– pur essendoci- non mi sta sempre di fronte come meta: fa un tutt’uno con i doppi schemi verbali di chi scrive: Penetrare, che è con il contrappeso dei simboli e dei sintèmi, nell’adesività della struttura Mistica; e Unire vs Separare/Mescolare, con il Dio-Plurale e il fuoco-albero, come archetipi-sostantivi nella struttura Sintetica. L’Altronella poesia di Silvia Comoglio è come se fosse un Altro sensoriale e immediato e in una dislocazione diacronica: gli Erlebnisse operano con i principi diurni per toccare, vedere, ascoltare la sostanza, il microcosmo dell’intimo: la poetessa, in piena concretezza e definitezza, dentro un Dasein circoscritto , trascende il momento, come se dovesse toccare nel visibile il reciproco della sfera tattile, che è così che fa, con gli archetipi sostantivi della Luce, Mara Cini; solo che il reciproco della sfera tattile in Silvia Comoglio è attualmente presente nella sfera dell’udibile.
Poeta Regime | Mara Cini Regime diurno | Giulia Niccolai Regime diurno | Rosita Copioli Regime notturno | Silvia Comoglio Regime notturno |
Strutture | Schizomorfa Geometrismo | Schizomorfa Diairesi | Mistica Adesività | Mistico/Sintetica Geometrismo, viscosità, realismo sensoriale |
Riflesso dominante | Dominante di Posizione | Dominante di Posizione | Dominante Digerente | Dominante Copulativa e di Posizione |
Schema verbale | Separare | Distinguere | Penetrare | Penetrare Separare/Mescolare |
Sintémi o Simboli | Il sole Il recinto L’occhio del padre | Lo scettro La freccia | Inghiottitori e Inghiottiti La caverna L’isola Il Miele La Pietra | Inghiottitori e inghiottiti La barca Il miele La Pietra Il recinto, la casa L’androgino |
Archetipi sostantivi | La luce | L’arma eroica | Il microcosmo | Il Dio plurale Il Fuoco L’albero, il bosco Il vento La notte Il sonno |
Archetipo epiteto | Chiaro/scuro | Alto/basso | Intimo | Intimo In avanti/indietro |
L’Altro e gli Erlebnisse | L’Altro è persistente come se fosse soltanto mondo visibile:l’Erlebnis della Cini è come se fosse l’occhio che identifica e stabilisce (l’Occhio del Padre?) | L’Altro è un personaggio di cui ha evidente esperienza in prima persona: anche se a distanza l’orizzonte è a portata di mano, come se la freccia fosse l’Einfühlung | Rappresentazione di un Altro sensoriale e immediato, ma anche eterogeneo: gli Erlebnisse della Copioli operano in modo cinestesico, toccano, gustano, odorano, vedono… | Diacronia immediata dell’Altro: l’Erlebnis opera con una forma soggettiva a trazione mistica ma con uno schema verbale sintetico, oppure, o successivamente, lo fa invertendo i principi: trazione sintetica, archetipi sostantivi notturni e schema verbale diurno |
[i] Cfr. V.S. Gaudio, L’erotica di Pennati come apprensione della godibilità, in “Lunarionuovo” n.44, Catania ottobre 1987.
[ii] Ibidem: pag.60. E anche: “Tremore delle percezioni che è viscosità della vertigine, tanto che l’inerzia riavvolge l’occhio all’oggetto, il corpo si sfiora tra disagio ed erosione, l’eros filtra l’agonia, tra avvenimento ed essere. L’erotica pennatiana ha un esercizio retto da una contrazione affettiva: tra l’entusiasmo, come motivo specifico dell’amore, e tra l’esaltazione dell’ebbrezza, come senso dell’erotica. E’ una contrazione(…)che annulla la differenza, tra amore ed erotica, posta da Karl Jaspers, in L’amore dei sessi(…)”.
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La poesia dell'asimmetria col suo sovradire su "Crescita di una sfumatura in due" di Gigliola Carretti |
[iv] Cfr. Il Penetrare adesivo di Rosita Copioli, ma anche: Il “Profondo geometrico” di Milena Nicolini e il “Profondo sensoriale” di Rosita Copioli, in: V.S. Gaudio, Immaginario e fenomenologia dell’Altro, in “La Battana” n.130, Rijeka-Fiume ottobre-dicembre 1998.
|Bibliografia essenziale
K. Alsleben, Considerazioni critiche sull’estetica oggettuale, in “il Verri”, Feltrinelli, Milano 1970.
G. Durand, Le strutture antropologiche dell’immaginario, trad.it. Dedalo Libri, Bari 1972.
V.S. Gaudio, La poesia come seduzione della forma, prefazione a: Roberto Precerutti, Falso paesaggio, Books & Video, Torino 1984.
H. Lausberg, Elementi di retorica, trad.it. Il Mulino, Bologna 1969.
Abraham A. Moles, L’image et le texte, in “Communication et Langages” n.38, Retz, Paris 2e trimestre 1978.
E. Paci, Diario fenomenologico, il Saggiatore, Milano 1961.
E.W. Straus, Estesiologia e allucinazioni, in Antropologia e psicopatologia, a cura di D.Cargnello, Bompiani, Milano 1967.